PARTITA IVA e NETWORK MARKETING
E’ indispensabile avere la partita iva per iniziare a lavoro nel Network Marketing ?
Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza su questo punto cruciale..
Puoi iniziare a lavorare come Incaricato alle vendite a domicilio senza avere una partita iva, se NON si superano i 5.000 Euro netti di provvigioni annue.
Superato il limite di importi annui di provvigioni superiori a 5.000 Euro netti, c’è l’obbligo di iscrizione all’Iva come contemplato dallaR.M. 18/E del 27.01.2006 (* vedi sotto).
Si ricorda di iscriversi all’IVA entro 30 giorni dalla data di inizio dell’attività o al superamento di € 6.410 di provvigioni lorde (5000euro netti circa).
Aspetti previdenziali
Le provvigioni percepite dagli incaricati sono soggette al contributo INPS in base alla legge 335/95 sull’ammontare oltre i 5.000 euro di provvigioni nette (6.410 -22% detrazione).
La quota Inps è a carico di 1/3 per l’incaricato e 2/3 per la società committente; l’adempimento del versamento all’Inps è a carico della società committente in qualità di sostituto di contributo. L’iscrizione all’Inps è a carico dell’incaricato a mezzo del modulo di iscrizione. La riduzione dell’aliquota Inps deve essere inoltrata alla società committente a mezzo specifica dichiarazione.
* R.M. 18/E del 27.01.2006
Chiarimenti in merito all’interpretazione della Legge 173 per la soggettabilità passiva ai fini IVA degli incaricati alla vendita diretta a domicilio.
ART. 1.
(Definizioni e ambito di applicazione della legge)
Con nota dell’Associazione istante ha chiesto il parere di questa agenzia in merito al corretto trattamento fiscale da riservare, ai fini IVA, alle provvigioni erogate agli incaricati alla vendita diretta a domicilio, alla luce delle novità normative introdotte con la Legge n. 173 del 17 agosto 2005.
In particolare, la legge suddetta, recante la disciplina della vendita diretta a domicilio e la tutela del consumatore dalle forme di vendita piramidali, ha individuato gli elementi peculiari che caratterizzano tale tipologia contrattuale.
L’art. 1, comma 1, lett. b), definisce l’incaricato alla vendita diretta a domicilio come “colui che, con o senza vincolo di subordinazione, promuove, direttamente o indirettamente, la raccolta di ordinativi di acquisto presso privati consumatori per conto di imprese esercenti la vendita diretta a domicilio”.
Il successivo art. 3, comma 4, della medesima legge, concentrandosi, in particolare, sull’attività dell’incaricato alla vendita diretta a domicilio, qualifica occasionale l’attività resa dall’incaricato, senza vincolo di subordinazione e senza contratto di agenzia, sino al conseguimento di un reddito annuo, derivante da tale attività, non superiore a 5.000 euro, ferma restando (comma5), per tutte le categorie di incaricati alle vendite a domicilio, la disciplina previdenziale prevista all’art. 44, comma 2, ultimo periodo, del D.L. n. 269 del 30 settembre 2003, convertito dalla Legge n. 326 del 24 novembre 2003.
Ad avviso della scrivente, nonostante nell’ambito della disciplina contenuta nella citata legge siano preponderanti i profili civilistici della materia trattata, l’art.3, comma 4, ha rilievo fiscale, in quanto il legislatore ha inteso introdurre, attraverso il riferimento a una data soglia di reddito(5.000 euro), un criterio atto ad individuare in quale caso gli incaricati alle vendite dirette a domicilio possono considerarsi, a fini fiscali, esercenti attività “occasionale” e, in quanto tali, non soggetti agli obblighi imposti in materia di IVA.
Ciò comporta per i soggetti in questione la necessità di assoggettare ad IVA le provvigioni percepite solo al verificarsi della condizione espressa dal comma 4 del citato articolo 3, con la conseguenza che, sino al raggiungimento di un reddito annuo derivante dall’attività di vendita diretta a domicilio pari a 5.000 euro, essi non sono da considerarsi soggetti passivi IVA.
Si fa presente, in proposito, che, come si desume agevolmente dal tenore letterale dell’articolo in commento, il limite di 5.000 euro va riferito al reddito e non al volume d’affari.
Pertanto, ai fini della verifica dell’eventuale superamento di detto limite, occorre considerare anche le eventuali spese collegate allo svolgimento delle attività in questione.
Al riguardo, si pone il problema ulteriore di stabilire se tali spese debbano essere analiticamente contabilizzate dall’incaricato alla vendita diretta, ovvero se siano suscettibili di determinazione forfetaria.
In tal senso, è utile considerare che l’art. 25-bis, comma 6, del D.P.R. 600 del 1973, per le prestazioni rese dagli incaricati alle vendite a domicilio, stabilisce che i compensi siano assoggettati ad imposizione attraverso l’applicazione di una ritenuta alla fonte con l’aliquota applicabile al primo scaglione di reddito commisurata all’ammontare delle provvigioni percepite ridotto del 22% a titolo di deduzione forfetaria delle spese di produzione del reddito.
Tale ultima disposizione, prevista in materia di imposizione diretta, introduce un criterio che può essere recepito anche ai fini, che qui interessano, della verifica dell’eventuale superamento della soglia prevista dal richiamato art. 3, comma 4, della legge n. 173 del 2005.
Pertanto, l’attività degli incaricati in questione è da intendersi abituale e, quindi, rilevante ai fini IVA, se nell’anno solare per la stessa è percepito un reddito, al netto della deduzione forfetaria delle spese indicata al citato comma 6 dell’art. 25-bis, superiore a 5.000 euro.
Per quanto concerne l’individuazione del momento a partire dal quale l’incaricato assume la soggettività passiva ai fini IVA, ad avviso della scrivente, è dalla prima operazione, che comporta il superamento della soglia di 5.000 euro, che decorre il termine entro il quale detti incaricati devono comunicare l’inizio dell’attività rilevante ai fini IVA, ai sensi dell’art. 35 del D.P.R. n. 663 del 1972, e, in quanto soggetti passivi dell’imposta, devono adempiere a tutti gli ulteriori relativi obblighi.
Tale soluzione, che esclude l’insorgere di difficoltà operative nel caso di superamento del limite in corso d’anno è coerente con l’orientamento espresso dall’INPS nella circolare n. 103 del 2004 (recante chiarimenti in merito all’obbligo di iscrizione alla gestione separata per gli incaricati alla vendita diretta).
In particolare, ai fini previdenziali, l’art. 44 del Decreto Legge n. 269 del 2003 dispone che a decorrere dal 1° gennaio 2004 gli incaricati alle vendite dirette a domicilio sono iscritti alla Gestione separata istituita presso l’INPS solo qualora il reddito annuo derivante dalla detta attività sia superiore ad euro 5.000.
Con la circolare sopra citata, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha chiarito che, ai fini previdenziali, il redito di euro 5.000 costituisce una fascia di esenzione.
Ciò premesso, la scrivente è dell’avviso che, anche ai fini fiscali, il presupposto soggettivo di assoggettamento all’IVA sorge esclusivamente al superamento della soglia di 5.000 euro e riguarda esclusivamente le operazioni che determinano la quota di reddito eccedente.
È opportuno prendere in considerazione anche la diversa ipotesi in cui un incaricato della vendita diretta a domicilio, che eserciti detta attività in via abituale e sia, quindi, titolare di partita IVA, non raggiunga, in un determinato anno, la soglia di 5.000 euro di reddito.
In relazione a tale fattispecie, la scrivente esprime l’avviso che il mancato superamento della soglia suddetta in un determinato periodo d’imposta, eventualmente dovuto a fattori contingenti e inerenti l’attività in questione, non possa determinare la perdita della soggettività passiva ai fini IVA, in quanto si deve presumere che il soggetto che inizia ad esercitare la vendita diretta a domicilio quale attività abituale, anche nella successiva prosecuzione intenda conferire all’attività i caratteri di sistematicità e continuità che concretizzano i requisiti dell’abitualità.
In altri termini, appare ragionevole sostenere che dal momento in cui i soggetti in questione si collocano all’interno dell’ambito applicativo dell’imposta sul valore aggiunto, di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, non possano più considerarsi “occasionali” (quindi, esclusi dal campo dell’applicazione dell’IVA) fino a quando esercitano l’attività in questione.